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Saranno trascorsi 1258 giorni dalla nascita di People For Planet, 29 gennaio 2018, alla data di cessazione delle pubblicazioni, 10 luglio 2021.

Circa 7.000 articoli, video, infografiche pubblicati, oltre 15 milioni di lettori nel corso del tempo, oltre 30 milioni di articoli letti, oltre 20 milioni di video visti, tutto questo in soli 3 anni e mezzo…

Ebbene, tutto questo non basta più. Ci siamo convinti, mi sono convinto, che non basta più denunciare le storture di un sistema che manda a rotoli il pianeta e segnalare le cose buone che qui e là accadono.

Nel momento in cui tutte le imprese parlano del loro impegno green, quasi sempre continuando a fare come prima; nel momento in cui non c’è giornale, canale televisivo, radio, sito web che non abbia un angolo, una sezione, un inserto “ambientalista” mentre continua a fare pubblicità a prodotti nocivi, non basta più fare un giornalismo di nicchia, coscienzioso ma sommerso, diluito in un sistema che, come nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, cambia qualcosa in superficie perché non cambi nulla nella sostanza.

 

È sbagliato pensare di risolvere grossi problemi con il solo ausilio delle patate fritte (Douglas Adams – La vita, l’universo e tutto quanto)

 

Mentre il Canada arrostisce a temperature di 50 gradi a causa dei cambiamenti climatici e i media e i politici italiani trattano la cosa con lo stesso distacco con cui trattavano il Covid quando pensavano fosse un affare circoscritto alla Cina, è arrivato il momento di cambiare approccio.

Mentre il governo Draghi, osannato dai media mainstream, si aggiudica la maglia nera in Europa per la percentuale (la più bassa tra tutti i Paesi) di fondi del Racovery Fund destinati ad iniziative ecosostenibili (solo il 13%), è arrivato il momento di cambiare approccio.
Non basta più solo un giornalismo di denuncia ma occorrono iniziative di cambiamento da portare avanti con tenacia e determinazione finché abbiano avuto successo e anche dopo, perché non si arretri dai risultati raggiunti.
E, per fare questo, la forma “giornale green” come la conosciamo e come è stato anche People For Planet, non è (più) adatta.

Occorre altro: una “nuova cosa” composta da persone impegnate nella ricerca di soluzioni concrete, efficaci e fattibili, capace di fare lobby, capace di fare comunicazione coinvolgendo ampi strati di altre persone, capace di “fare scandalo” quando serve, capace di non mollare la presa fino a quando sia stato raggiunto il risultato e anche dopo.

E occorre una formula di business che consenta a questa “nuova cosa” di autofinanziarsi.
Occorre una cosa semplice, che è difficile a farsi.

Penso che ci proveremo, non è detto che ci riusciremo ma penso che ci proveremo. E magari dalla crisalide nascerà una farfalla.

Per ora grazie a tutte e tutti quelli che hanno seguito People For Planet in questi 1258 giorni.

 

di Bruno Patierno

 

 

Foto di Vivek Doshi, scattata a Ghandinagar, India